Fiorenzo Bresciani l’ha fatto, cambiando vita e poi creando l’associazione che riunisce gli uomini che curano casa e famiglia
Ormai non esistono più professioni che sono solo maschili o solo femminili: è un dato di fatto. Le donne vanno nello spazio, gli uomini stanno ai fornelli, le donne coltivano la terra, gli uomini si occupano di sartoria. Non stupisce quindi che esistano anche i casalinghi, che si occupano dei figli e delle faccende domestiche mentre le loro consorti vanno in ufficio. A dimostrarlo è l’esistenza dell’associazione uomini casalinghi, che riunisce migliaia di padri che hanno ribaltato la tradizione e scelto una prospettiva alternativa. Come mette in luce il fondatore e presidente del gruppo Fiorenzo Bresciani, toscano di Pietrasanta, raccontando la storia della sua vita.
Quando ha deciso di fare il casalingo?
Era il 2003 e mi sono trovato a vendere la mia attività commerciale a 53 anni compiuti. Di base ero a casa senza lavoro, mentre mia moglie, che è più giovane di me, si stava laureando in medicina, dopo che per anni aveva lasciato gli studi da parte per via della famiglia. Visto che ero a casa ho iniziato a darle una mano e a fare qualche lavoretto domestico. Più il tempo passava, più mi sentivo coinvolgere da questa situazione. Quindi le ho chiesto se le faceva piacere che io restassi a casa a fare i lavori domestici e lei prendesse un lavoro a tempo pieno. Una specie di scambio di ruoli, che ha fatto felici entrambi.
Qual è l’aspetto che l’ha attratta di più di questa professione?
Mi piaceva soprattutto essere manager di me stesso. Avevo un lavoro che mi permetteva di fare quello che volevo: se un giorno mi volevo riposare ero libero di farlo e poi recuperare un’altra volta.
Come è nata concretamente l’associazione?
Ho chiesto un parere a mia moglie a proposito dell’idea che mi era venuta di raggruppare gli uomini che facevano la mia stessa vita e mi ha sostenuto. Dapprima ho creato il sito www.uominicasalinghi.it, ma pochi si interessavano. Allora mi è venuto in mente di contattare tutti gli amici della mia rubrica e invitarli all’agriturismo di un amico, chiedendogli di occuparsi delle faccende domestiche per un giorno per capire se si sentivano all’altezza.
E com’è andata?
Hanno aderito in quaranta e alla fine della serata ho spiegato che il mio intento era quello di creare una associazione di casalinghi. Qualcuno è rimasto a bocca aperta, altri dopo qualche giorno mi hanno chiamato e hanno aderito, chiedendomi di fare altri incontri. Il punto di svolta però è stato nel 2004, quando Maurizio Costanzo mi ha invitato per tre volte alla sua trasmissione. È stata una finestra spalancata sul mondo. Da lì in poi, ogni giorno decine di persone si iscrivevano. Mi ha fatto piacere: ho capito che non ero il solo ad aver fatto questa scelta.
E ora?
Adesso siamo quasi 7000 in tutta Italia, con simpatizzanti anche all’estero. Quando ci si iscrive non ci sono quote o costi. Teniamo dei congressi nazionali una o due volte l’anno e poi incontri trimestrali e mensili per chi vive più vicino. Ci ritroviamo e parliamo di problemi e prospettive, ci confrontiamo. Abbiamo anche lanciato il master in house management. Io insegno stirologia ed epistemologia del bucato, che sono due dei compiti domestici con i quali gli uomini hanno maggiori problemi. Le occasioni di incontro dipendono molto anche dagli sponsor che troviamo per coprire i costi, visto che noi non abbiamo tessere o finanziamenti.
Progetti futuri?
Stiamo contattando un avvocato che ci possa dare consulenze su problemi che possano sorgere a livello familiare per i casalinghi.
Casalinghi: quali sono le maggiori difficoltà?
Il fatto che nessuno si vuole riconoscere nei lavori domestici, perché non sono retribuiti. Quello del casalingo è un lavoro invisibile. Per il maschio però è più difficile. La nostra società porta avanti il modello dell’uomo vincente, che non deve chiedere mai. Non quello dell’uomo che si commuove e che racconta le fiabe ai bimbi. Se svolge le mansioni del casalingo in Italia, un uomo non viene valorizzato, sembra che non abbia capacità e pregi. All’estero è diverso e infatti le televisioni stranieri ci chiedono spesso interventi e parlano di noi.
Secondo lei cosa si dovrebbe fare per combattere questa diseguaglianza?
La prima cosa sarebbe un riconoscimento pratico a chi si occupa dei lavori domestici, con fondi da parete del Governo o la pensione (richieste avanzate anche dall’associazione Federcasalinghe, ndr). Mentre si ragiona su questo grande cambiamento, però, basterebbe anche solo un grazie. Troppo spesso nella nostra società si dà tutto per scontato. Vale dentro e fuori dalla famiglia.
Caterina Belloni