l’Associazione Uomini Casalinghi (AsUC), presieduta da Fiorenzo Bresciani afferma:
Come nasce l’idea di diventare casalingo?
In casa è rimasto un posto vacante, quello della donna che oggi vede il lavoro di casalinga come una prigione culturale dalla quale evadere, attraverso un lavoro
fuori casa. Un ruolo riscoperto, a volte per iniziale necessità, dagli uomini sempre più alla ricerca di un’interiorità che la società del lavoro gli nega. Il ritorno a cose
più semplici, a ritmi meno frenetici e il desiderio di avere più tempo per coltivare la propria cultura e approfondire i propri hobbies, è una dimensione che ad alcuni
uomini piacerebbe recuperare.
Forma, confini ed evoluzione del gruppo sociale “uomini casalinghi” andrebbero dunque tenuti sotto stretta osservazione sia a livello trasversale che longitudinale. Ciononostante, le pratiche di raccolta dati certo non aiutano la comprensione del binomio mascolinità-casalinghità. Una modalità di negazione dei mutamenti e delle contaminazioni che hanno investito le
(volenti o nolenti) identità maschili, ha proprio a che vedere con le pratiche di rilevazioni dati.
Rilevare la “casalinghità” di un cittadino italiano di sesso maschile pare in effetti cosa alquanto difficile. In Italia l’opzione “casalingo” (o “casalingo/a”- “casalinga/o”) è stata, fino a pochi anni addietro, praticamente assente nelle domande sulla condizione occupazionale delle persone coinvolte nelle rilevazioni nazionali. Parliamo di indagini ad ampio spettro quali: il
sistema di Indagini Multiscopo6 dell’Istat-Istituto Nazionale di Statistica.
Il sistema di Indagini Multiscopo è stato avviato dall’Istat nel 1993 e progettato per la produzione di informazioni su individui e famiglie integrabili con quelle desumibili da fonte
amministrativa e dalle imprese. Il sistema si articola su sette indagini che coprono i più importanti temi di rilevanza sociale: una indagine a cadenza annuale sugli aspetti della vita
quotidiana, una trimestrale sul turismo e cinque indagini tematiche (Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari; I cittadini e il tempo libero; Sicurezza dei cittadini; Famiglie e soggetti sociali; Uso del tempo) che vengono effettuate a rotazione in un arco di tempo di cinque anni. A queste vanno aggiunte altre indagini di approfondimento che non hanno una
l’Indagine Istat sui Consumi delle Famiglie Italiane. Parliamo anche della rilevazione probabilmente più importante di tutte: il Censimento Generale della Popolazione e Censimento Generale delle Abitazioni. All’interno di tutte queste rilevazioni, l’opzione “casalingo” non compare (e ciò sino al 2004): l’uomo non attivo o non occupato poteva selezionare (o autocollocarsi tra) una delle seguenti modalità: “disoccupato”; “in cerca di occupazione”; “inabile al lavoro”; “pensionato”.O accontentarsi di barrare la casella “altra condizione”. Ciò sembra sottolineare (e sostenere) l’impermeabilità culturale al binomio uomo-casalingo e, al contempo, la conseguente decisione di non rilevare tale condizione.
Questa esclusione dalle modalità di rilevazione non può che contribuire alla invisibilità sociale di questo gruppo, che ancora oggi è (come vedremo) sottostimato e non oggetto di alcun discorso esplicito sociologico, metodologico, economico, demografico, di politica sociale. È invece con le indagini sulle Forze di Lavoro (trimestrali prima e continue poi) che si comincia ad imboccare una diversa direzione.
Il tracciato record del file standard longitudinale della Rilevazione Trimestrale sulle Forze di Lavoro mette in luce come, a partire dall’aprile 2000 in poi, l’opzione “casalinga” sia diventata “casalingo/a”. La Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro (un progetto di adeguamento della rilevazione fortemente sostenuto dall’Unione Europea) continua in questa direzione: in questo caso, il questionario di rilevazione contiene l’opzione “casalinga/o” (si vedano gli esempi di seguito riportati):
Per quel che riguarda il nostro Paese, i dati ufficiali disponibili, dunque, non vanno molto indietro nel tempo e pertanto non permettono di monitorare (se non con un’ottica retrospettiva di pochi anni) l’andamento della relazione tra mascolinità e casalinghità. Questa evidente carenza certamente non aiuta la comprensione di questo fenomeno che, come vedremo, pare invece in crescita.
Teniamo infine conto del fatto che il processo di riconoscimento pubblico della professione di casalingo da parte di un uomo (del quale fa parte anche la decisione di dichiararsi tale nel corso di una indagine, barrando la casella corrispondente) potrebbe risultare una difficile decisione. La sottostima del fenomeno potrebbe dipendere anche da ciò: parliamo della difficoltà di fare coming out (a livello di casalinghità) davanti ad amici, vicini, colleghi. Ciò a causa di paure, pudori, incertezze, imbarazzi, sensi di colpa. Come già visto, restano saldi alcuni stereotipi di genere che giudicano come disdicevole, innaturale, incomprensibile per un uomo rinunciare ad un lavoro retribuito per occuparsi della casa, del/la partner, dei figli, per fare le pulizie, gestire i fornelli, stirare, pulire, lavare.
Uomini e casalinghi: chi sono, quanti sono
Una strada per risolvere i problemi di non rilevazione del fenomeno delle mancate risposte che riduce la quantità di informazione disponibile (dunque la numerosità campionaria e, al contempo, incrementa il relativo errore di campionamento) ed introduce distorsioni nelle stime quando il meccanismo che le genera è non casuale può essere quella dell’utilizzo di dati di fonte amministrativa (informazioni raccolte e conservate da istituzioni pubbliche). Facciamo ad esempio riferimento ai dati raccolti dall’Inail-Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro e relativi al numero di polizze contro gli infortuni domestici sottoscritte al 31 dicembre 2009 da individui compresi tra 18 e 65 anni. Questi dati (che certamente sottostimano la consistenza degli uomini casalinghi, non tutti iscritti all’Inail) mostrano che gli uomini i quali si dedicano in via non occasionale e gratuita alla cura della casa e della famiglia sono circa 24.259. Si tratta dell’1,1% dell’intera categoria tutelata dall’Inail (circa 2 milioni di polizze, che per il 98,9% riguardano donne) − un’incidenza cresciuta del 20% rispetto al 2001, anno di inizio dell’obbligo assicurativo17. In relazione all’area geografica di appartenenza dei titolari delle polizze, il 95,7% delle assicurazioni interessa cittadini di nazionalità italiana, l’1,9% cittadini comunitari (37.791 persone) e il restante 2,4% cittadini extracomunitari (48.602). A livello territoriale le regioni con il maggior numero di iscritti sono la Lombardia (327.942 unità), il Veneto (189.783), il Lazio (182.421), la Puglia (145.560) e la Sicilia (126.782).
Altri dati di fonte Istat: su un totale di 8 milioni di casalinghe/i, gli uomini sono circa 49.000 nel 2008. Di questi 49.000, circa 20.000 vivono nel Sud del Paese; 19.000 al Nord e 10.000 al Centro. Sono tanti oppure pochi? Dati offerti dall’Office for National Statistics (ONS) britannico rivelano che gli uomini casalinghi full time (househusband) sono nel Regno Unito circa 192.000, un numero in consistente crescita, se comparato con i 119.000 di 16 anni fa e che pare inesorabilmente destinato a crescere, anche a causa della perdita di posti di lavoro conseguente al periodo di recessione economica18. Un secondo studio condotto da Aviva19 (uno dei più grandi gruppi assicurativi a livello mondiale) su dati Office of National Statistics per gli anni 2000-2009 conferma tale crescita: il numero di padri casalinghi pare aumentato di circa dieci volte negli ultimi 10 anni. Lo studio di Aviva mostra che su 3 milioni di uomini non attivi nel 2000, solo il 2% (60.000) era casalingo; i dati relativi al 2009 paiono invece suggerire che su 10,2 milioni di uomini con figli dipendenti sotto i 16 anni, il 6% (612.000) copre il ruolo di figura primaria per quel che riguarda la cura della casa e dei figli. Una delle principali ragioni di tale incremento pare connessa al fatto che la donna guadagna più del partner: in una su sei famiglie con figli dipendenti coinvolte nello studio (16%) il principale percettore di reddito risulta proprio la moglie/madre.
Homo domesticus. Il Movimento Uomini Casalinghi in Italia
Come abbiamo appena visto, il numero di uomini casalinghi è probabilmente destinato a crescere (e ciò in numerosi contesti territoriali, tra i quali si colloca anche l’Italia); ciononostante, si tratta di un gruppo sociale poco visibile, solo recentemente (e ancora parzialmente) indagato e certamente assente dalle iniziative ufficiali di supporto sociale.
Al fine di accrescere la propria visibilità sociale e di aumentare il carente (se non assente) sostegno istituzionale, una strada spesso praticata da questi gruppi è quella dell’associazionismo e della creazione di reti di supporto informali.
In Italia, l’Associazione Uomini Casalinghi ha superato i 5.800 iscritti (italiani e stranieri). Si tratta di un’Associazione che si rivolge a tutti gli uomini i quali, a tempo pieno o solo parziale, si dedicano alle faccende domestiche.
L’AsUC, regolarmente costituita nel 2003, ma effettivamente operativa da circa dieci anni, si sta impegnando per promuovere un riconoscimento dell’attività di casalingo sia sul versante culturale che burocratico amministrativo. L’Associazione mira ad incentivare un ruolo di maggiore partecipazione maschile all’interno della famiglia, un impegno pratico e concreto per la gestione della casa, per la socializzazione dei figli, per il sostegno alle mogli-partner. Ciò anche attraverso corsi di cucina e di economia domestica, promozione di vacanze, campeggi e soggiorni in cui vivere secondo lo stile dell’AsUC, che è ecologico e pacifico. L’Associazione è presente nelle maggiori Fiere nazionali nonché in tutte le manifestazioni fieristiche di maggior rilievo e organizza mercatini nei quali propone i propri prodotti tra cui riviste, saponi, magliette, grembiuli, ecc. L’AsUC sta al contempo lavorando per estendere i benefici della legge in favore delle casalinghe, riguardante la previdenza e gli infortuni, anche agli uomini casalinghi. Infine, l’Associazione è tra i membri effettivi della FEFAF-Fédération Européenne des Femmes Actives au Foyer, che raggruppa tutti movimenti europei delle donne casalinghe.
L’Associazione Uomini Casalinghi (AsUC) è un’associazione nazionale nata per offrire agli uomini una doppia opportunità:
Prendersi cura della dimensione interiore della propria identità maschile.
Prendersi cura della dimensione domestica della propria casa.
L’As.U.C opera affinché l’uomo condivida le responsabilità casalinghe con gli altri membri della famiglia. Si adopera affinché l’uomo recuperi o ri-scopra il proprio spazio domestico.
La dimensione casalinga è un modo di essere che appartiene a ogni uomo:
manager, professionista, operaio, impiegato, sportivo. Smessi i panni professionali, tutti gli uomini sono anche casalinghi, svolgendo all’interno della casa, qualsiasi faccenda domestica e investendo attenzioni ed energie nella cura dei propri figli.
Questa è una parte del sé che aiuta l’uomo ad acquisire pienezza della propria identità. L’associazione si sta inoltre muovendo nell’ambito dei diritti sociali inerenti alla posizione pensionistica dei casalinghi, siano essi maschi o femmine. E, nel corso di una intervista, il Presidente dell’As.U.C. afferma: Gli associati cercano di comunicare che essere casalinghi può essere uno status sociale non inconciliabile con lo svolgimento di altre attività e che attualmente può considerarsi addirittura un privilegio potersi occupare completamente e a tempo
pieno della casa. Quasi tutti gli associati si sentono coinvolti nelle attività domestiche pur svolgendo le più varie attività lavorative; il cambio sta nella visione del ruolo che, mentre prima veniva considerato svilente, adesso deve diventare fonte di orgoglio. L’associazione è nata per la volontà (o per la necessità) di alcuni uomini di dar corpo ad un pensiero che da tempo li motiva tutti: l’esigenza di vivere la casa e le faccende domestiche come una realtà viva e vitale, fonte non di stress ma piuttosto di piacere. Il ruolo di maschi “serviti e riveriti” già da tempo sembrava loro disdicevole (posizione condivisa da sempre più uomini) e sentirsi in prima persona gratificati nel riscoprire la dimensione domestica è stato un passo necessario. Si tratta di un movimento di pensiero che sovverte modelli fortemente e da lungo tempo consolidati.
Tale attività di sostegno ad un ruolo maschile certamente distante dal polo alfa spesso si scontrano con ostacoli, stereotipi e reticenze. Gli uomini impegnati in attività considerate “femminili” si trovano a scontrarsi nella loro esperienza quotidiana con pregiudizi e stereotipi sul loro orientamento sessuale (per ulteriori riflessioni, rimandiamo al capitolo 5 sulla relazione tra mascolinità e coming out).
Fiorenzo Bresciani afferma:
Certe volte ti dicono “Che sei checca che fai questi lavori?”, sviliscono la figura maschile, non sei un uomo se fai questi lavori… I primi tempi, il primo anno che è uscita fuori Associazione uomini casalinghi, che ha cominciato ad apparire in televisione, tutti pensavano che si fosse un po’ dell’altra sponda…
Si tratta, in sintesi, di una proposta che, a nostro parere, non minaccia né la mascolinità e tantomeno la virilità ad essa strettamente associata: più che altro un apprezzabile tentativo di recuperare funzioni storicamente messe a tacere nell’universo maschile per rendere più piena e completa la propria identità individuale e di genere. In effetti, l’AsUC si rivolge a diverse tipologie
maschili: da chi si vuole dedicare completamente all’attività di casalingo, a chi desidera continuare a lavorare fuori casa ma desidera al contempo fornire un concreto supporto alla propria compagna.
Al primo congresso dell’AsUC (che si è tenuto il 9 e 10 ottobre 2010 a Sanremo) sono stati premiati il ”casalingo dell’anno” ed il senior casalingo honoris causa.
Conclusioni
Il modello dell’uomo casalingo (libero da cravatte, divise, uniformi, orari di lavoro, vincoli di carriera), pare distanziarsi dalla “perfezione virile” rappresentata dal maschio alfa. Nel nostro caso, le dimensioni del potere e del successo economico, dell’aggressività; dell’irrinunciabile inserimento nel mercato del lavoro, del corpo usato come arma e del rigetto della femminilità, paiono non centrali.
Sembrano al contempo innegabili i lati positivi del connubio mascolinità-casalinghità: allontanamento dalle gabbie del maschile, abbandono dell’ideale di uomo duro e di successo; dialogo con una parte di sé a lungo messa a tacere; anche miglioramento il rapporto con la propria partner. Quest’ultima dimensione ci pare rilevante e certamente da non trascurare in un’ottica di riequilibrio tra identità e relazioni di genere in costante mutamento.
Come Fiorenzo Bresciani dichiara, si tratta di «un lavoro invisibile, perché non porta reddito, ma crea equilibrio e valorizza il partner… Quando sono stato ospite in TV gli spettatori telefonavano per dire che una donna non vuole un uomo in grembiule. Pregiudizi, roba vecchia, perché un uomo non solo non perde la sua virilità, ma nella coppia aumenta l’eros del 50%. Perché la donna è più rilassata e più disponibile al sesso».
Meglio del maschio alfa, cosa ne dite?
di Elisabetta Ruspini